Nei pressi del Comune di Bomarzo, "I sentieri del sacro" rappresentano un modo per condividere un'esperienza in un contesto culturale e ambientale poco conosciuto e di incredibile bellezza. Diversi percorsi per visitare altari, tombe, cinerari, antiche chiese e necropoli, in un'area che sembra sia stata da sempre caratterizzata dal contatto con il Sacro. L’interesse è quello di valorizzare il patrimonio culturale e ambientale e diffondere la conoscenza e la possibilità di vivere determinate esperienze. Per visitare questi luoghi è imprescindibile un certo atteggiamento di rispetto verso le persone e l’ambiente circostanti. Rispettare un luogo può sembrare un paradosso ma significa fondamentalmente avere rispetto per le persone che ci hanno preceduto, per quelle che ci accompagnano e per quelle che ci seguiranno.
Ci sono minimamente tre aspetti relativi alla tutela del territorio:
1-I reperti archeologici sono la traccia evidente dello psichismo umano che si è plasmato nel mondo. Alterarli o rovinarli significa perdere una grande opportunità per la ricostruzione storica del nostro passato.
2-Spesso ci si muove in un ambiente naturale caratterizzato da un continuo utilizzo da parte dell’uomo – sia agricolo che di riserva faunistica e floreale – pertanto si prega di non modificarlo, inquinarlo o “depredarlo”.
3-Rispettiamo anche l’estetica, per permettere ai visitatori e a chi vive certe zone di continuare a farlo senza imbattersi continuamente in tracce del nostro passaggio. Una carta o una buccia di banana saranno anche biodegradabili ma a volte non sono belli a vedersi.
Di che si tratta:
Per gli Etruschi l’area era situata tra due luoghi sacri - il lago
Vadimone sulla piana del Tevere e il Monte Cimino - e nei pressi del Fanum Voltumnae, il santuario della
confederazione della dodecapoli. Il Fanum
non è mai stato localizzato con esattezza ma dalle fonti sappiamo che
doveva trovarsi nel territorio di Volsinii, identificabile secondo molti
studiosi con Orvieto e secondo altri con Bolsena. La presenza di numerosi
altari rupestri, di cinerari, tombe a camera e a fossa, di necropoli, è
testimonianza di un certo “vissuto” della zona e sebbene per gli altari ci
siano dispute sulla cronologia – se attribuirli al periodo etrusco o a quello
romano – è indubitabile che la sacralità del luogo è rimasta anche
successivamente alla romanizzazione.
Dopo la romanizzazione che ha caratterizzato la zona dal III secolo a. C., alla fine del V secolo della nostra era arrivano i Goti e successivamente Bizantini e Longobardi (che si contenderanno Bomarzo per circa 150 anni). Con l’avvento del
Cristianesimo l’area mantiene un carattere cultuale, testimoniato dal monastero
di San Nicolao dell’VIII secolo (edificato in un blocco di roccia alla base del
quale si trovano tombe a camera etrusco-romane) e dalle numerose chiesette
disseminate sul territorio e risalenti all’XI-XIII secolo. In alcuni casi le
chiese sono edificate in aree già precedentemente destinate al culto, come nel
caso di Santa Cecilia e della corrispondente chiesetta di Chia ma resti di
chiese medioevali si trovano anche a Corviano e a Montecasoli, dove la
chiesetta attuale ne nasconde una più antica. Nel Rinascimento, con il passaggio del castrum di Bomarzo alla famiglia
Orsini, il duca Vicino Orsini farà erigere un parco molto particolare – il famoso
“Parco dei mostri” – con chiari riferimenti alchemici e alla sacralità etrusca,
romana e cristiana. Viene chiamato “il sacro bosco”.